Più di un millennio dopo l'arabo Alhazen elaborò una teoria secondo cui l’occhio “sente” l’oggetto per mezzo di raggi che questo gli
invia con velocità finita: giunse alla conclusione che i raggi luminosi dovessero avere un’esistenza reale perché la luce
intensa danneggia gli occhi.
A cavallo del XVI e XVII secolo Cartesio, subendo l'influenza di Giovanni Battista Della Porta, si interessa all'ottica, scrivendo un trattato di ottica geometrica: la "Dioptrice". Quest'ultimo si basa su una serie di assiomi:
- la luce è emessa dalle sorgenti;
- un punto emette in tutte le direzioni;
- un raggio si comporta come una linea della geometria euclidea;
- la luce dotata è di velocità infinita dato che, nell’ambito dell’ottica geometrica, questa assunzione non crea problemi.
Infine Cartesio espose la corretta formulazione quantitativa della legge della rifrazione, a cui giunse però partendo da presupposti errati: la stessa legge sarà poi elaborata in formule da Snell, il quale si basò sui risultati raccolti da Keplero e altri sperimentatori.
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